STEFANO PACINI Il "bracciantografo" e la sua prossima mostra a Siena che inaugura il 9 Luglio a Siena.

Continuo con le interviste a tutti quelli che ho incontrato e che incontro nel mio affascinante viaggio nella fotografia. Questa è la volta di Stefano Pacini, un fotografo importante nella mia maturazione artistica.
Ciao Stefano, come amo ricordare spesso, sei stato uno dei primi fotografi che mi ha indirizzato verso una fotografia “diversa”, di rottura, di ricerca. Non ricordo l’anno ma incontrai il tuo lavoro al Toscana Foto Festival di Massa Marittima, in una curiosa istallazione, poco convenzionale, ricordo che comprai il tuo libro e il dvd della mostra e ti contattai. Successivamente ci siamo incontrati a Milano a una tua mostra in collaborazione con Stampa Alternativa e poi a Siena per il tuo progetto di formazione con Daniela Neri, poi ti coinvolsi in uno dei miei collettivi di arte contemporanea, Corrente con uno dei tuoi reportage e infine partecipasti alla performance Ginevrina del Collective Portrait. Chi è Stefano Pacini? Raccontaci…
Ciao Vanessa. Bella domanda. Stefano Erasmo Pacini è un bracciantografo nato nel 1956 in Maremma che adesso è tornato a vivere nel senese, ovverosia un fotografo che campa facendo il bracciante agricolo, curando olivete, tagliando erba e legna, naturalmente, nel senso che l'ha sempre fatto come del resto il fotografo, solo che, a un certo punto, diciamo con l'avvento del digitale non è più riuscito a campare di fotografia e l'essere l'ultimo dei Moicani maremmani (della fotografia sociale e del lavoro agricolo nella sua famiglia dopo secoli) l'ha in qualche modo salvato dalla povertà assoluta e dalla depressione. Dopo aver intravisto l'inferno le fiamme non ti fanno più paura. La Toscana è per i bimbi, la Maremma è per gli uomini diceva ridendo mio nonno Santi. Per dire che la pandemia non mi ha toccato più di tanto, in questo campagna e fotografia aiutano molto. Questo naturalmente si riflette anche nel mio attuale modo di fotografare, spesso l'ambientazione sono i campi, le olivete che spero possano sopravviverci. L'essere umano un po' meno rispetto a 50 anni fa quando iniziai a scattare. 

Hai realizzato molti progetti fotografici, vuoi raccontarci quali sono i più importanti per te e perché? 
Sicuramente in ordine cronologico il primo con il quale ci conoscemmo vent'anni fa al Toscana Foto Festival, ovvero “Sliding doors- frammenti dell'Italia che cambia”. Un viaggio all'inizio di questo secolo che mostrava gli immensi cambiamenti che poco dopo ci avrebbero travolti. Poi quello di cinque anni fa, “Noi sogniamo il mondo” edizioni Effigi che è un po' una summa dei miei viaggi e reportage. Italia, Cuba, Bosnia,campi Rom, Portogallo durante la Rivoluzione dei garofani del 1974 e quarant'anni dopo quando ci ritornai per la prima volta per assistere ala mostra delle mie fotografie di allora, cioè per assistere alla mia giovinezza con malinconia e orgoglio. Un cerchio che si chiudeva, per ripartire sempre e comunque. E adesso fresco fresco di stampa per la Bam di Antonio Manta il libro e mostra annessa “Figli dei fiori e figli del vento” tutte fotografie bn analogiche scattate tra gli anni 70 e 90 del secolo scorso tra i miei amici maremmani e i campi Rom italiani e non solo, un accostamento particolare che può lasciare perplessi ma che ha un comune denominatore. Ve lo posso svelare dal 9 luglio alla Corte dei miracoli a Siena. 

Sei una persona “impegnata” a livello sociale, abbiamo avuto molte occasioni di confrontarci su tanti temi, vorrei che ci raccontassi la tua idea sulla fotografia di oggi, sull’uso dei Social Network, sulla fotografia Smart. 
Bisognerebbe intendersi sul concetto di fotografia. Va da sé che è come ogni cosa in continuo mutamento quindi inafferrabile in realtà, anche se certi pilastri fotografici rimangono ( mi piace il termine pilastri che allude a una costruzione fotografica, e non categorie che allude ad una settorializzazione della fotografia ad uso commerciale, nonché a recintare i perimetri.) Il mondo è più piccolo e povero quando si inizia a recintare. Ovviamente i cambiamenti imposti dai social sono sotto gli occhi di tutti noi. Una quotidiana bulimia fotografica, un onanismo selfistico fotografico senza fine in una disperata ricerca di un certificato di esistenza in vita. Naturalmente anche tante altre cose più positive, tanti lavori degni e non autoreferenziali. Per quel che mi riguarda essendo decisamente datato rimango un fotografo di bn La mia vita è adesso un eterno ritorno; viaggio per ritornare, fotografo la mia odissea incollando foto in bianco e nero su un taccuino di appunti. Ma non amo la nostalgia regressiva che sogna l'isola del giorno prima, una realtà mitizzata ed immobile. Immagino invece una nostalgia creativa, riflessiva, che recuperi quello che è possibile rigenerare, le vie mai prese, i fallimenti, i fili spezzati, i frammenti. Sprigionando nuove dinamiche rivoluzionarie. Fare memoria del passato non significa necessariamente guardare indietro, ma avanti a noi. In una visione ciclica del tempo il passato ritorna sotto forma di futuro. Come un naufrago nuoto verso quell'isola che va costruita con le narrazioni, immaginazioni, colma di utopie e sogni, ma anche consapevole degli incubi che hanno reso travagliato il nostro viaggio, la nostra storia. Questo sono, questo fotografo. 

Ti occupi da sempre di formazione, hai formato molti giovani fotografi: quale può essere un pericolo che vuoi segnalare a chi inizia oggi? 
Di non vivere di fotografia. No, battute a parte di perdersi dietro i diktat del momento, del mercato, del corretto, del concettuale, del tirarsela a tutti i costi, invece di riflettere in quello che trovo sia sempre un percorso personale di analisi e autoanalisi, di crescita umana, che nelle nostre fotografie il soggetto siamo sempre noi. Se facciamo una pessima vita, se passiamo sopra a tutto e tutti, se asfaltiamo il nostro prossimo faremo sempre pessime fotografie qualunque sia il riscontro commerciale. 

Cosa serve o manca oggi in Fotografia? 
Capire se ha ancora un senso fotografare, cosa e perché più che il come. Riusciamo ancora a camminare e domandare? Sappiamo ascoltare? Possiamo raccontare facendo sorridere un bambino e riflettere un adulto? Senza una bussola etica di sogni giriamo solo su noi stessi. 

Stefano questa è una particolarità di questo blog, ti chiederò una cosa un po’ anomala per una intervista: Esprimi un desiderio… 
Raccontarti un sogno, che desideri sai quanti....sogno spesso di essere in svariate situazioni di vedere con assoluta chiarezza delinearsi di fronte a me una fotografia di lancinante bellezza, di disperata allegria. Prendo la macchina fotografica, inquadro esattamente quello che ho sognato e intuito, scatto, scatto, ma non scatta, non c'è versi, è bloccata. Poi mi sveglio. E allora canto tra me per alleviare la delusione “nostra patria il mondo intero, nostra fotografia la libertà, ed un pensiero ribelle in cuor ci sta”. Poi inizio a sognare a occhi aperti. E questo è fondamentale.
Il sito lo sto rifacendo, abbiate pazienza www.stefanopacini.org

Stefano inaugura la sua prossima mostra "Figli dei fiori e figli del vento"  il 9 Luglio a Siena alla Corte dei Miracoli, una mostra da non perdere, che racconta una pagina importante della nostra Italia quello dei movimenti giovanili con i loro errori ma anche le grandi conquiste che hanno ottenuto.
Non ve la perdete!

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